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TURISMO ENOGASTRONOMICO E RAPPORTO CON IL TERRITORIO

di Giuseppe Treffiletti

Nel corso degli ultimi anni è diventato sempre più imprescindibile il legame fra il prodotto agroalimentare e il suo terroir, quasi una simbiosi che permette di evocare il luogo d’origine attraverso l’unicità qualitativa ed organolettica del prodotto autoctono. Delle vere e proprie campagne pubblicitarie mirate a suscitare, direttamente o indirettamente, nel consumatore-degustatore, il desiderio di intraprendere dei viaggi nei terroir di produzione. Un ulteriore esempio di interazione sinestetica fra prodotto e terroir, lo si trova navigando tra le pagine web del Canberra District Wine Industry Association, dove in un’immagine vengono raffigurate delle bottiglie reclinate che con le loro forme vanno a disegnare e ad anticipare in maniera quasi simmetrica un verde paesaggio collinare. Ad arricchire l’immagine, uno slogan che recita “Wine with diversity in variety and style found nowhere else. Wine that is Liquid Geography.” Attraverso la liquidità del vino si vuol sottolineare e riassumere l’unicità di quel territorio; diventa dunque portavoce di un senso fortemente identitario in quanto attraverso una bottiglia si cerca di veicolare i tratti distintivi dei significati di un terroir che da concetto prettamente agronomico si fa più ampio fino a diventare portatore di valori unici trasformandosi in un “terroir culturale”. “In the same way that the terroir of a region gives wine its distinctive regional characteristics, the unique combination of the physical, cultural and natural environment gives each region its distinctive touristic appeal, its touristic terroir”.

È possibile notare dunque come anche le strategie di marketing siano sempre più attente a mostrare una certa sensibilità geografica e territoriale, insieme ad una visione interdisciplinare, che sia quindi in grado di leggere e analizzare i significati identitari di un luogo. Di conseguenza anche il turista attento chiederà coinvolgimento culturale, benessere, piacere, in modo tale da sviluppare un rapporto unico con il territorio in cui si trova; un territorio che in breve deve riflettere i tratti del genius loci (ovvero quell’insieme di peculiarità socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, che caratterizzano un determinato luogo). Indica dunque la vera essenza, il carattere primo di un ambiente in stretta relazione con l’uomo e le abitudini con cui vive questo ambiente

Una svolta determinante è stata raggiunta grazie alla diffusione di una cultura dell’alimentazione sana ed equilibrata basata sulla sensibilità verso il biologico, il biodinamico e quindi cibi sicuri e certificati. A tal proposito, sono stati di rilevante impatto tutti quei movimenti culturali nati in Italia a metà degli anni 80 che hanno contribuito a conferire nuova identità al piacere del palato, pubblicando guide e critiche gastronomiche insieme all’organizzazione di corsi di degustazione ed eventi di grande impatto, al fine di fornire un approccio conoscitivo del cibo accompagnato anche da uno spessore culturale. A Bra nel 1986 nasce Slow Food, un’associazione sorta con l’intento di raggiungere obbiettivi culturali, sociali ed ambientali basati sull’importanza del cibo nella vita di una persona; una mission che ha fatto della lentezza a tavola il suo slogan principale, in opposizione alla “Fast Life”. I cardini sui quali si è sempre imperniata tale associazione sono la conoscenza ed il piacere del cibo, il rispetto della natura con i suoi cicli produttivi, della biodiversità e dell’ecogastronomia. Una tappa importante viene riconosciuta invece nell’anno 1993, per quanto riguarda la penisola italica, grazie al suo prodotto dotato di maggiore forza evocativa, ovvero il vino. Si potrebbe considerare questo come l’inizio ufficiale della storia del turismo enogastronomico italiano con protagonista un pubblico molto più ampio. Un plauso particolare va fatto soprattutto al Movimento del turismo del vino, che proprio in quell’anno riuscì a coinvolgere, tramite l’evento Cantine Aperte, decine di aziende vitivinicole con l’intento di perseguire alcuni importanti obbiettivi come: 

  • Promuovere la cultura del vino attraverso i luoghi di produzione. 
  • Sostenere l’incremento dei flussi turistici in tutte le aree d’Italia a forte vocazione vitivinicola. 
  • Qualificare i servizi turistici delle cantine. 
  • Incrementare l’immagine e le prospettive economiche ed occupazionali dei territori del vino.

Il rispetto dell’ecosistema rimanda inevitabilmente al concetto della cosiddetta carrying capacity (capacità di carico), considerabile come il massimo livello d’uso, traducibile in termini quantitativi come il numero massimo di turisti che una località, una destinazione, può sostenere e sopportare, ed oltre il quale gli impatti determinano un danno fisico, economico e sociale.Il concetto di carrying capacity può rivelarsi uno strumento indispensabile ai fini di un monitoraggio del degrado di un ecosistema, di un monumento o di una cantina visitata (dunque in senso ecologico-ambientale); può essere utile in termini sociali perché consente di monitorare la qualità di vita della popolazione ospitante oppure dei lavoranti di un frantoio aperto ai turisti; infine è da considerare un’arma fondamentale in chiave economica perché evita preventivamente un risvolto negativo della domanda turistica a causa di una possibile congestione o di un decadimento della qualità di visita o del soggiorno turistico. In sintesi tale strumento permette di calcolare e monitorare il massimo regime d’accoglienza turistica che una destinazione può sopportare grazie all’analisi di indici sociali, economici, e geografico-ambientali. Lo scopo ultimo è quello di evitare di: consumare le risorse su cui si basa il luogo stesso, di alterare le identità culturali, di creare conflitti sociali. Il settore economico del turismo dovrebbe sovrapporsi come valore aggiunto alle altre attività socio-economiche, senza sostituirsi o imporsi su di esse. Si può parlare di successo infatti quando vi è un rapporto dinamico ed armonico fra 3 costituenti: i residenti e la loro qualità di vita, i turisti e la qualità del loro soggiorno, l’ambiente che interagisce con entrambe le categorie e la cui condizione è il riflesso del valore attribuitogli da chi lo usa

“Migliorare lo sviluppo sostenibile e la gestione di un turismo che tenga conto delle necessità dell’ambiente, della comunità, delle imprese locali e dei visitatori”, significa attuare una programmazione a vari livelli con il contributo del sistema dell’ospitalità turistica del luogo comprese agenzie di viaggio e tutti gli operatori del marketing turistico. Nel corso degli ultimi anni sono sorti alcuni Enti che si sono impegnati nel campo del cosiddetto “turismo etico”, ovvero Enti che hanno deciso di promuovere campagne di sensibilizzazione e di affiancamento professionale a industrie e governi per cercare di contenere problemi legati a tematiche come “water equity, land grab, international volunteering, work, conditions, sex tourism”. Anche l’editoria turistica sta virando sempre di più la sua attenzione su temi sostenibili, diffondendo informazioni su località, aziende, eventi, e linee guida per essere dei veri e propri turisti verdi e responsabili. Lungo questa scia si sono mossi anche i singoli operatori dell’ospitalità promuovendo politiche per contrastare il fenomeno del cosiddetto “Greenwashing”; grandi catene alberghiere, come ad esempio NH Hoteles o Hilton, hanno adottato politiche e strategie sostenibili verso la struttura e quindi l’ambiente circostante, la località e la comunità ospitante. Tra i punti principali: 

  • cura del paesaggio, design, progettazione architettonica, materiali certificati, bioedilizia; 
  • design e progettazione di ambienti altamente performabili e sostenibili (ad esempio le green room di NH Hoteles); 
  • valutazione di impatto ambientale e rispetto dei piani regolatori; 
  • monitoraggio degli impatti, dell’affluenza, della soddisfazione della clientela (carrying capacity, valutazione degli indici statistici di sostenibilità.
  • uso di energie rinnovabili, raccolta di acqua piovana; 
  • gestione e riciclaggio dei rifiuti, tra cui materassi, rifiuti, saponi, etc; 
  • formazione e sensibilizzazione degli stakeholders, stockholders e management; 
  • raccolta di fondi per progetti sociali, culturali e territoriali; 
  • campagne di comunicazione a tema;

Nel settore del turismo enogastronomico, il legame con il territorio può essere ancora più determinante, ed è per questo che la pianificazione delle attività richiede una maggiore attenzione nei confronti della cultura e del territorio, e l’attività di marketing non può rivolgere le attenzioni esclusivamente alle esigenze di una singola domanda. Come si è già detto infatti è necessario agire in maniera sostenibile nei confronti del territorio e delle sue risorse così da raggiungere obbiettivi economici ed esperienziali soddisfacenti; in sintesi, chi opera all’interno di questo settore dovrebbe avere una certa conoscenza degli spazi geografici in cui si muove, e di conseguenza agire tramite l’utilizzo di teorie geografiche.