SMARTWORKING NELL’ERA POST COVID-19

SMARTWORKING NELL’ERA POST COVID-19

di Grazia Caleppi

Si è molto discusso di come si vivrà il lavoro nel tempo che si sta approssimando, tutti guardano con interesse alle scelte dei colossi multinazionali per capire quale direzione intraprendere.
Travis Robinson, global head di Spotify ha spiegato il progetto Work from anywhere con queste parole “Nessuno dovrà più scegliere tra la comunità dei suoi sogni e il lavoro dei suoi sogni”.
Un programma che diventerà attivo dalla prossima estate e permetterà ai dipendenti di lavorare in qualsiasi luogo.
Spotify offrirà la possibilità di lavorare da casa, in ufficio, o con una combinazione delle due opzioni. La decisione sarà presa dopo un colloquio tra il dipendente e un manager. La stessa flessibilità riguarderà anche la scelta della città e del paese in cui lavorare, con alcune limitazioni dovute al fuso orario e alle leggi locali.
L’annuncio di Spotify è arrivato pochi giorni dopo quello di Salesforce, gigante del cloud computing che ha offerto ai dipendenti la possibilità di scegliere fra tre piani con vari gradi di presenza in ufficio. “La giornata di lavoro tradizionale, dalle nove di mattina alle cinque del pomeriggio, è morta”, ha sentenziato Brent Hyder, presidente della società; inoltre
la maggiore flessibilità potrebbe attirare talenti da qualsiasi parte del mondo.
Già in ottobre Dropbox aveva annunciato di voler adottare un approccio “vir tual-first”. Aveva fatto sapere di avere trasformato i suoi uffici in “Dropbox Studios”, cioè spazi d”incontro. Tra le aziende che si sono impegnate a non ripristinare il modello pre-pandemia, a favore di un regime di lavoro a distanza, ci sono anche Microsoft e Facebook.
Dopo Twitter, anche Microsoft abbraccia la strada dello smart working per manente sperimentato forzosamente e a ritmi accelerati durante la pandemia.
L’azienda dei software e delle soluzioni in cloud ha deciso di consentire ai propri dipendenti di lavorare da casa in modo permanente anche dopo la fine dell’emergenza Covid 19. La decisione è stata comunicata ai dipendenti tramite una mail interna di cui ha dato notizia il portale The Verge. Quest’ultimo ha parlato di linee guida diffuse al proprio personale nelle quali si definisce il concetto di hybrid workplace, una soluzione che prevede lo smart working per meno del 50% delle ore settimanali. L’azienda di Redmond ha tuttavia anche deciso che i manager potranno concedere ai dipendenti di lavorare interamente in remoto.
Prendiamo il caso Facebook. Dare la possibilità di lavorare da qualunque posto a persone che sono assolutamente qualificate ma che fino a ieri non prendevano in considerazione certi ruoli per non spostarsi, dà all’azienda la possibilità di accedere a un pool di talenti molto più ampio. Quindi, se uniamo tutti questi pezzettini ci accorgiamo che effettivamente il lavoro a distanza, se ben gestito e ben organizzato, offre delle opportunità gigantesche.
In una ricerca condotta dallo Studio Carlo Ratti Associati (in collaborazione con Copernico, BNL e Arper) il lavoratore moderno è “nomade” nello spazio ma anche nell’organizzazione del suo tempo, e come tale, tende a intrecciare momenti di lavoro a momenti privati, a volte sovrapponendoli. Ora la possibilità di muoversi nello spazio è decisamente limitata. Questo ci dà l’occasione di vivere le nostre giornate in modo più consapevole, trasformando il limite spaziale in opportunità di sviluppo.
Resta il fatto che ogni medaglia ha un rovescio, non fa eccezione il lavoro da casa che, nel caso di spazi limitati condivisi, rende difficile la concentrazione; induce ad avere meno cura del proprio aspetto e limita la mobilità con effetti negativi sulla salute.
Diversa la situazione per chi è abituato a lavorare per obiettivi e in contesti flessibili, chi è parte di una community consolidata come quella dei coworking e degli uffici flessibili, è ormai allenato a distribuire bene il proprio tempo tra lavoro, sviluppo di relazioni e tempo per sé.


La Società Copernico da alcuni consigli per uno smart working “bilanciato” anche da casa:
1. Rimanere produttivi e connessi con il proprio team
2. Continuare a pensare al futuro
3. Curare il proprio benessere fisico
4. Rinforzare il benessere mentale e la creatività

E nel turismo quali sono le proposte che avanzano?
Naturalmente il settore stesso richiede grande creatività nelle soluzioni, la prima è la “Workation” alla quale ha subito aderito il gruppo Alpitur, che consiste nel lavoro altrove, Resort e agriturismi dove poter lavorare in luoghi diversi da casa.
Ancora più innovativa la proposta di Paeda & Associati, azienda che si occupa di consulenze manageriali di alto livello ed eventi fieristici, in collaborazione con MyDigitalTravelAgency, una start-up interamente digitale e femminile. Insieme hanno avuto la brillante idea di trasformare lo Smart working in qualcosa che andasse “oltre”: aprire una sede su una nave da crociera vuol dire finire di lavorare e poter vivere, in un momento storico dove i ristoranti sono chiusi o le attività di intrattenimento sospese.
Questo che possiamo definire un cambiamento epocale nell’approccio al lavoro, al di là dei vantaggi o degli svantaggi pratici, richiede un nuovo impianto normativo per evitare che si trasformi in un boomerang per i lavoratori. Soprattutto servono regole chiare su modi e orari, altrimenti si rischia di lavorare sempre. In Italia dal 2017 esiste una legge, ribadita dal decreto del 17 marzo, sullo smart working. Implica un’organizzazione aziendale e una mentalità diversa e più flessibile rispetto a quella tradizionale e prevede fra le altre cose anche il poter svolgere le proprie mansioni da casa. C’è un passaggio chiave nella legge che vale la pena ricordare: “Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie”. È quindi prevista la loro tutela, sia in caso di infortuni sia di malattie.
Inaspettatamente e repentinamente negli ultimi due mesi i colossi Americani hanno fatto marcia indietro rispetto allo smart working:
L’angloitaliana Fiona Cicconi, incaricata di gestire il ritorno in sede dei dipendenti di Google, ha dichiarato che da settembre chi vorrà lavorare da casa più di 14 giorni dovrà richiedere un permesso speciale e dovrà comunque abitare a una distanza accettabile dall”ufficio.
Le prospettive aperte dalle famose parole del creatore di Twitter, Jack Dorsey («i nostri dipendenti possono lavorare da casa per sempre»), sono già finite nel dimenticatoio. Twitter ha comunicato che si aspetta che «la maggior parte» dello staff torni a lavorare in ufficio, con la possibilità di passare «parte» della settimana a casa. Una bella differenza.
A Microsoft lo smart working sarà accessibile solo per alcune posizioni e solo per ricoprire «meno del 50% dell”orario di lavoro».
Amazon dal canto suo ha ribadito il «ritorno a una cultura ufficiocentrica», mentre IBM richiederà ad almeno l”80% dei dipendenti di lavorare almeno tre giorni su cinque in ufficio.
La sbornia per lo smart working, insomma, sembra passata persino nella Silicon Valley. Secondo Amazon, solo la presenza fisica dei dipendenti nello stesso luogo permette di «inventare, collaborare e imparare insieme in modo efficace». Il capo esecutivo di IBM, Arvind Krishna, ha spiegato: «Se un dipendente ambisce a gestire un gruppo, se vuole avere più responsabilità o promuovere un certo tipo di cultura nel suo team, come può farlo da remoto?». Quando parte del personale tornerà in ufficio e ricomincerà a sviluppare rapporti personali, continua, chi lavora da remoto comincerà presto a sentirsi «svantaggiato».
Noi che siamo i diretti discendenti degli antichi romani dovremmo ora più che mai far tesoro degli insegnamenti di Aristotele “In medio stat virtus”
il lavoro da remoto offre grandi opportunità per migliorare la qualità della vita a patto che sia gestito correttamente, alternandolo alla presenza in sede, in modo da non perdere il contatto diretto tra dirigenti, colleghi e mercato.