Screenshot 2024-04-02 175816

VIAGGIO MULTISENSORIALE ALL’INTERNO DEI MERCATI STORICI DI PALERMO: LUOGHI DI INCONTRO DELLA GASTRONOMIA LOCALE

di Monica Bertucci

Fulcro della vita sociale e specchio dell’anima della città in cui risiedono, i mercati rivestono da sempre una grande importanza nell’interazione economica e sociale all’interno della vita cittadina. 

Diventati negli ultimi anni una tappa imprescindibile del turismo grazie anche alla proposta di svariati tour creati ad hoc, i mercati si configurano come un perfetto biglietto da visita della città che ci si appresta a visitare: attraverso il cibo e la cultura gastronomica locale, riescono a presentarla alla perfezione. Quale miglior mezzo se non attraverso il suo cibo tipico, lo street food, di cui i mercati sono tendenzialmente pieni?

Evoluzione del concetto di mercato

Il mercato non rappresenta un concetto  immobile e fisso ma si evolve secondo le esigenze sociali ed economiche procedendo di pari passo al progresso che accompagna la vita di ognuno. Un’evoluzione che però non dimentica origini e tradizioni, rendendole un solido punto di partenza.

L’ importanza che risiede nei mercati va oltre la primaria funzione per il quale sono stati concepiti – luogo di incontro tra domanda e offerta – negli ultimi anni la sua proposta enogastronomica è rivolta alla creazione di pretesti per il consumo in loco: è principalmente al turista che questa evoluzione si rivolge. La possibilità di ammirare e acquistare le prelibatezze indigene abbraccia l’idea della scelta di dove e cosa gustare, magari facendo più tappe.

I mercati storici di Palermo

La centralità del mercato all’interno della società si riflette anche nella sua collocazione urbana. E’ proprio nel cuore della città di Palermo che troviamo i suoi tre mercati storici nonché i più rinomati: Capo, Ballarò e Vucciria. Non si può lasciare il capoluogo siciliano senza aver fatto tappa almeno in uno dei tre e il perché è spiegato alla perfezione attraverso le parole di Leonardo Sciascia, a commento del celebre dipinto la “Vucciria” di Renato Guttuso

“A Palermo un mercato è qualcosa in più di un mercato, cioè di un luogo dove si vendono vivande e dove si va per comprarne. E’ una visione, un sogno un miraggio. Un mangiar visuale”.

Tre mercati così diversi tra di loro con un’unica matrice in comune: l’appartenenza a Palermo e come tale, il punto di partenza ideale per la conoscenza dell’anima della città

Il Capo 

Uno dei mercati storici di Palermo e ancora oggi, insieme a Ballarò, uno dei più vivaci e attivi. Il nome deriva dalla sua collocazione-il quartiere conosciuto come Seralcaldio– la cui parte alta venne chiamata proprio Caput Seralcadi.

Caratteristica del Capo è la presenza al suo interno di vere e proprie ‘chicche’ architettoniche, ovvero monumenti storici che creano ulteriore scusa per rendere piacevole la passeggiata. Come non citare, ad esempio, la Chiesa dell’Immacolata Concezione, a pochi metri dall’ingresso principale di Porta Carini, piccolo gioiello del seicento il cui interno a unica navata, risulta interamente decorato.

Ballarò

Il più grande dei mercati palermitani sorge nel quartiere Albergheria tra corso Tukory, via Maqueda e corso Vittorio Emanuele. Ballarò è anche uno dei mercati più antichi, di origine saracena, citato già dal viaggiatore arabo Ibn Hawqal nel 973. Ed è proprio all’arabo che probabilmente si rifà l’origine del suo nome ‘Balhara’, ovvero luogo di mercato. Attualmente, insieme al Capo, è un mercato ancora molto attivo e a differenza di quest’ultimo si snoda su più vie.

La Vucciria

L’origine del nome, in questo caso, sembra derivi da una parola francese-ulteriore testimonianza delle innumerevoli contaminazioni linguistiche e non- il cui significato si riferisce a quello che originariamente il mercato fosse destinato: boucheri, ovvero macelleria.

Da lì, fu successivamente storpiato in ‘Bucceria grande’, per distinguerlo dai mercati più piccoli e successivamente proprio Vucciría, che in palermitano significa ‘confusione’.

Oggi del mercato rappresentato da Guttuso nella sua celebre opera, resta ben poco. Sono esigue le bancarelle adibite alla vendita di frutta e verdura mentre ancora sopravvivono quelle che riguardano i pilastri dello street food palermitano. 

È durante le ore notturne che la Vucciria prende possesso del significato del suo nome: si trasforma in una delle sedi più in voga della movida palermitana, con vendita di bevande a costo inferiore rispetto ad altre zone e con l’immancabile accompagnamento del cibo di strada, anche a tarda notte. 

Cosa hanno di speciale i tre mercati palermitani? Riescono a coinvolgere tutti i sensi, anche solo se ci si trova di passaggio.

I colori: la vista

Colori sgargianti, grande varietà tra le proposte di frutta, verdura, ortaggi, pesce-soprattutto al mercato del Capo- e gli immancabili angoli dedicati al cibo di strada.

Sono sicuramente queste le prime cose che richiamano l’attenzione passeggiando in uno dei mercati sopracitati (Ballarò e Capo in primis). Passeggiare anche solo per ammirare le numerose ‘putie’ allestite secondo modalità espositive per nulla casuali, dove anche l’accostamento dei colori ha un senso. E sempre di colori si parla, nel caso delle pescherie, dove è frequente che l’area adibita alla vendita del pesce sia protetta da un ombrellone rosso: il particolare riverbero della luce del sole, intensifica la lucentezza del pesce e ne fa apparire le carni più rosse, accentuandone l’idea di freschezza.  

Tra la folla, i turisti e i venditori, non si può non fare caso agli angoli in cui lo street food fa da padrone, e Palermo sul cibo di strada va forte. Al Capo, giusto all’ingresso quasi a voler dare il benvenuto, postazione fissa ha lo sfincionaro con la tipica ‘pizza’ palermitana in bella vista.

La Vucciria, che a livello di varietà e quantità di prodotti alimentari non può ahimè competere con i più ben forniti Capo e Ballarò, fa del cibo di strada il suo forte. Tra le strade circondate dai palazzi le cui facciate conservano le cicatrici della seconda guerra mondiale, ma soprattutto in piazza Garraffello, tra pani ca meusa, proposte ittiche da u purparu, stigghiola e mangia e bevi, anche gli occhi hanno soddisfazione. E poi la sera, quando la zona si anima, il ‘mercato non mercato’ riprende vita.



Il fritto: l’olfatto

Ancor prima della vista è forse proprio l’olfatto a guidare i curiosi verso i mercati che inevitabilmente pullulano non solo di alimenti freschi ma anche di cibi pronti per essere consumati in loco.

È l’odore pungente del fritto che tra tutti primeggia in quanto riconoscibilità: che siano arancine, panelle o crocchè poco importa, tutto concorre a creare quel senso di aspettativa e un’acquolina in bocca sempre crescente tra chi queste prelibatezze le mangia abitualmente e chi, invece, è in coda per fare il primo assaggio.

Più discreto, ma non meno importante, il profumo dei prodotti freschi esposti tra le putìe: quando il periodo è quello giusto, l’odore dei fragoloni di Marsala non si fa attendere, oppure quello delle erbe aromatiche –basilico in primis- raccolte in piccoli bouquet. 

Al Capo e a Ballarò l’odore del pesce fresco, a taglio, si unisce a quello già pronto e cotto, proposto tra le svariate maniere: per chi non sa aspettare e non ha voglia di farlo.

Alla Vucciria a fare da padrone, l’odore delle stigghiole, preannunciate dalla nebbia copiosa scaturita durante la cottura. Ci si chiede quale senso arrivi prima, la vista o l’olfatto?

L’abbaniata-l’udito

Passeggiare tra i mercati di Palermo equivale quasi ad assistere a una rappresentazione teatrale. Capita che ancor prima dell’odore dello street food e del fritto, l’attenzione venga catturata in maniera istantanea dalle cosiddette ‘abbanniate’ – il grido con cui ci si sponsorizza – che concorrono a creare questa sorta di rappresentazione in cui ognuno si sente a suo modo partecipe.

I venditori promuovono le loro merci e per attirare l’attenzione dei loro possibili clienti usano decantare in maniera colorita l’offerta del giorno, il prodotto super fresco, da non lasciarsi scappare. Questa è una pratica in uso da tantissimo tempo, sin dal Medioevo, e può essere considerata tra i primi esempi di pubblicità e storytelling in cui la gastronomia è protagonista.

Ed ecco quindi che lo sfincionaro a suon di ‘uora u sfurnavu’ ci informa che se vogliamo gustare lo sfincione caldo, quello è il momento giusto. 

Non solo odore, ma anche a livello sonoro il fritto concorre a dare il suo contributo, perché accanto alle voci umane hanno il loro peso anche quelle gastronomiche: lo sfrigolio dell’olio ne è un esempio.

Il ‘gusto’ del cambiamento

Si è già accennato al cambiamento verso il quale stanno virando un po’ tutti i mercati, volti a dare una ben più ampia offerta enogastronomica dal solito e tipico cibo di strada. Prendendo come esempio il mercato del Capo, accanto alle proposte di cibi tipici – quelli che naturalmente ogni turista cerca – si sta diffondendo altro, una ristorazione che superi il concetto di street food, allo scopo di sedimentare l’idea di luogo non solo adibito all’acquisto ma anche di consumo in loco.

All’interno del mercato stesso, dove si cerca di stare al passo col cambiamento, non è raro trovare la frutta già tagliata, bella e pronta, in proposta take away con le dovute indicazioni anche in lingua straniera.

Nei dintorni del mercato, trattorie e ristorantini dove oltre a trovare le immancabili proposte di arancine, panelle e crocchè in versione antipasto e non come ‘piatto unico’, propongono un pasto da vivere in maniera tranquilla e comodamente seduti: che sia un primo o un secondo, senza dimenticarsi del dessert.

Toccare le cose con mano

Che sensazione lascia addosso l’esperienza vissuta in uno dei mercati storici palermitani? 

Lascia le mani unte, come quando dopo aver terminato di mangiare un’arancina, nonostante averla accuratamente protetta attraverso numerosi tovaglioli, inevitabilmente lascia il suo segno. 

Riscalda proprio come lo sfincione appena sfornato, avvolto nella tipica carta rigida da cui traspare il suo calore.  Senza dimenticare la morbidezza del panino con la milza, o la particolare consistenza del polpo bollito che oppone resistenza sotto i denti.

Giochi di sensazioni e consistenze diverse concorrono a sedimentare nella mente di chi passa dai mercati tipici di Palermo, un’esperienza unica e la voglia di ritornare e perdersi nuovamente tra le tipicità del capoluogo siciliano.