UMANIZZARE IL TURISMO
di Marina Ambrosecchio
Il mondo del turismo in genere è il nuovo aeropago cui la Chiesa è chiamata ad annunciare il Vangelo perchè è consapevole che anche qui l’uomo abbia bisogno di essere salvato. Anzi, proprio qui dove l’uomo, al di là delle apparenze, sembra più disponibile. L’uomo si muove spinto da tante motivazioni, non ultima quella di una fuga dal soffocamento quotidiano per ricercare un luogo di novità, un tempo di autenticità, un circuito di relazioni incondizionate. Il turista in genere è questo tipo di uomo in libera uscita dall’alienazione e dall’anonimato, alla ricerca quindi di un incremento d’umanità, di una possibilità di un più alto umanesimo. è qui che si innesta la pretesa della Chiesa di voler orientare la soddisfazione di tali bisogni più umani verso uno stile di vita coerente con i valori fondamentali dell’uomo secondo la visione integrale di esso, cioè quella cristiana; in sostanza, verso un’equilibrata subordinazione delle dimensioni materiali e istintuali a quelle interiori e spirituali. Da qui, quindi, un’apertura al trascendente e al mistero divino.
Si tratta di “umanizzare” il tempo libero, strappando l’uomo alla pura voglia di evasione, di istintualità, di trasgressività, per aiutarlo a ricercare spazi ed esperienze capaci di ricchezze umane sia nell’incontro col creato, sia nell’incontro con gli uomini, con stimoli culturali, con se stesso nel silenzio e con Dio nella sua Parola e nella sua Chiesa.
Un turista – dicevamo sopra – è già sempre anche un pellegrino. Ogni itinerario turistico è ricerca misteriosa di un Altro, di un Diverso o semplicemente di un altro se stesso che sostanzialmente non differisce dal cammino più esplicito che percorre il pellegrino verso un santuario. Basta mettere sulla strada dei richiami, delle presenze, delle sorprese che gli facciano dire: “toh, è proprio quello che cercavo!” Alla fine si tratta di orientare questi molteplici richiami all’incontro col Vangelo, dove le risposte riguarderanno l’umanità, quando raggiunge il suo intimo o la sua domanda più essenziale.
I segni non mancano; basta farli parlare. Come esempio si potrebbero ricordare questi:
– La natura. Sostare davanti a un tramonto che incanta e aprirsi all’ammirazione e contemplazione, è già avviare alla preghiera e forse all’adorazione. Si tratta di suggerire il registro giusto. Non dello sguardo superficiale che dà solo notizie tecniche; non dell’occhio economico o consumistico che invidia il bene degli altri e si lamenta del proprio; non anche del panteistico immergersi nella natura, quasi un identificarsi con essa e dimenticarsi, lasciando spazio solo all’istinto, quasi un primitivo ritorno all’irresponsabilità di sè e degli altri.
Si tratta invece di usare il registro della gratuità, della poesia, della bellezza come stimolo interiore a riconoscere un’armonia che ci supera e ci incanta. E da qui risalire a una bellezza che ci precede e si dona.
– Il silenzio. è stato detto: “Il silenzio di una chiesetta alpina parla al cuore più di tante prediche”. è vero, il silenzio è l’anticamera di Dio. Uno dei ricordi più belli che si riporta dal pellegrinaggio in Terra Santa è il silenzio prolungato che si vive entro il deserto di Giuda, a ricordo dei 40 giorni di deserto vissuti lì da Gesù.
Rubare spazi di silenzio alla corsa della vita è prendere distanza da se stessi, guardarsi dentro e misurarsi davanti a Dio. La visita a un chiostro silenzioso, la sosta entro una cattedrale vibrante del suono dell’organo e dell’incanto di vetrate policrome, o semplicemente la scoperta di un crocifisso che domina una montagna, sono richiami che aiutano a riempire la solitudine di una presenza quale quella di Dio, discreta, ma parlante a un cuore capace d’ascolto!
– I contatti umani in un viaggio turistico sono molteplici, aiutano a un confronto, procurano una revisione, stimolano aperture e magari confidenze, se si trova la persona giusta. è importante che ci sia nel gruppo la persona di riferimento, più che tecnica, morale, per dare un tono e aiutare al meglio il viaggio. La gente ha sempre più bisogno di sfogarsi ed essere ascoltata piuttosto che di sentire parole e spiegazioni. La presenza discreta di una persona spiritualmente ricca e affascinante è un seme gettato che produce frutti futuri insperati. Questo vale per un prete o religioso, ma quanto più per un laico, un animatore, o semplicemente un testimone capace di perdersi per mettersi a disposizione di tutti!
– Infine, naturalmente, c’è il patrimonio artistico, quasi del tutto ispirato alla fede, e letto con la precipua preoccupazione di cogliervi un messaggio religioso specifico.
Pietà popolare e monumenti d’arte ben significativi hanno bisogno di essere inseriti nel quadro più completo della verità di fede, corretti nella loro immediata espressione di fede personale, a volte irrazionale ed emotiva, collocati nel quadro culturale che li ha generati. Questo vale soprattutto nell’incontro con forme di religiosità non cristiane che richiedono maggiore spiegazione, stima e confronto critico.
Quanto detto è un aspetto di quella pastorale del turismo che può aiutare a umanizzare prima e poi evangelizzare sia i gruppi organizzati con guida, sia anche il turismo spicciolo estivo, durante il quale famiglie e
individui sono alla ricerca del modo di riempire il tempo libero di proposte positive e stimolanti. Si tratta di
essere convinti appunto che in ogni turista è nascosto un pellegrino alla ricerca di sé e di Dio.
La visita storico-artistica ai più bei monumenti del nostro patrimonio d’arte, per lo più ispirato alla fede cristiana, diviene oggi occasione anche richiesta di un segnale più preciso, anzi di un messaggio specifico circa il contenuto religioso che l’opera rievoca e contiene. Si tratta in sostanza di accostare l’opera d’arte con quella “qualità totale” che fa memoria viva di un’esperienza anche religiosa oltre che estetica e culturale, dove il fruitore coglie una sintonia con le sue esigenze profonde e le esperienze spirituali.
In questo senso anche il recarsi a un santuario per molti nasce da una nostalgia, da un bisogno religioso sentito, dall’esigenza di una pacificazione che in qualche modo il mondo del sacro contiene e dona. La scoperta di una religiosità popolare espressa nella vivacità delle processioni o degli ex voto, come – con più impegno culturale – nella letteratura dell’iconografia in chiave di messaggio, può veramente toccare il cuore e divenire orientamento per una più precisa apertura al mistero e al divino.
Si tratta di operare appunto sul terreno culturale ove l’incontro con sensibilità, esperienze, espressioni dell’animo umano crea una sintonia e apre a un dialogo interiore e a una comunicazione, e mette in rilievo anzitutto l’aspetto storico-artistico, legato al contesto culturale; quindi il messaggio religioso che l’opera d’arte rievoca, come contenuto teologico-catechistico. Infine, certamente il contatto scatta quando si coglie una consonanza d’esperienza umano/ esistenziale, che manifesta l’universalità del messaggio e la sua contemporaneità.
L’opera didattica è tutta affidata a una guida esperta, capace di trapassare – con competenza e sensibilità – tutto lo spessore che dal livello artistico/culturale scende a quello religioso fino alla “sostanza” dell’umanità, là dove effettivamente il messaggio religioso è diretto; non senza una traduzione anche personalizzata del messaggio, che nasce dal contatto e dal rapporto umano che va ben oltre la professionalità. è fuori di dubbio la necessità di una specifica preparazione. Assieme, c’è bisogno di sussidi adatti a questo tipo di lettura più “totale”, come risposata a questo turismo più consapevole e più esigente.
La Chiesa stessa è impegnata in questo campo, che rappresenta non solo un nuovo aeropago per la “nuova evangelizzazione”, ma forse, per certi aspetti, l’ultima spiaggia di un’evangelizzazione di massa. Si tratta di rendere fruibile il ricco patrimonio d’arte della Chiesa, non solo conservandolo e restaurandolo, e ben più efficacemente rendendolo parlante. In questo senso va l’esperimento del ticket fatto in alcune chiese; visite guidate su un tema specifico hanno trovato interesse e successo. Così sono sempre più richiesti itinerari religiosi che terminano magari con una sosta più prolungata in qualche monastero o luogo di più forte esperienza religiosa. Si innesta qui il discorso di una recettività più specializzata, che deve giungere ad avere la qualità ecclesiale di un’autentica comunità di Chiesa che accoglie e sa testimoniare un’esperienza di vita.