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PELLEGRINAGGI PAOLINI (PARTE 3 - Gli anni Venti)

di Marina Ambrosecchio

È giusto considerare il Cardinal Ferrari, Arcivescovo di Milano, non solo l’ispiratore dei Pellegrinaggi Paolini, ma anche l’iniziatore, giacchè già malato di cancro alla gola, si recò a Lourdes nel Febbraio 1920 con 120 milanesi per chiedere alla Madonna non la grazia della guarigione ma la rassegnazione.

Secondo lo spirito del Cardinal Ferrari, il suo segretario Don Giovanni Rossi, nel quadro della vasta ed esplosiva attività della Compagnia di S. Paolo, trovò modo d’iniziare già nel 1923 “l’Opera Cardinal Ferrari dei Pellegrinaggi” con varie e nutrite iniziative festive in treno ed in autobus.

Mancava l’esperienza ma non gli inconvenienti, malgrado la buona volontà del primo direttore Don Antonio Rivotta. È interessante conoscere come si svolsero i due primi pellegrinaggi di un giorno festivo.

Il primo fu all’Ossario del Pasubio sopra Vicenza. Vi parteciparono circa 400 amici che un treno speciale portò da Milano a Vicenza. Alla Stazione vi erano alcuni vecchi autobus residui di guerra, macchine di ogni tipo e di ogni età. Quasi tutti riuscirono a raggiungere la meta, ma al ritorno nemmeno metà dei pellegrini arrivò in tempo per prendere il treno speciale il quale, secondo l’uso del tempo, partì in orario.

I ritardatari arrivati a notte a causa delle macchine in panne, bivaccarono alla stazione nelle due sale d’aspetto in parte stesi per terra, aspettando di partire l’indomani mattina col primo treno per Milano.

Un altro pellegrinaggio festivo ebbe luogo in quel di Parma a Fontanellato, per visitare il Santuario della Madonna dove il Cardinal Ferrari bambino fu portato dalla madre per avere la grazia della guarigione. Partirono da Milano sette vecchi e sgangherati autobus, che anche a causa delle pessime condizioni della Via Emilia ebbero guasti ed incidenti, tanto che tre di essi riuscirono a stento a rientrare a Milano solo il mattino dopo.

Così arrivò l’Anno Santo 1925 e la Compagnia di S. Paolo nel suo pieno rigoglio ed in continuo sviluppo, in gran fretta costruì e arredò a Roma, in via Germanico 146 – non lontano da San Pietro – la Casa Pio XI, capace di ospitare 350 pellegrini.

Nella Lombardia ferveva la promozione, svolta specialmente da Don Paolo Ratti, mentre l’organizzazione era curata da Giuseppe Bicchierai, da Giovanni Terruggia e da Giuseppe Supino. A Roma da tutto il mondo fioccavano le richieste di alloggio. Era stata diffusa una circolare offrendo la pensione completa per L. 40 giornaliere, prezzo notevolmente inferiore a quello richiesto negli alberghi.

Si offriva la sistemazione in un edificio nuovissimo con ascensore ed acqua corrente calda e fredda in tutte le stanze, a pochi passi dal Vaticano. Malgrado le proteste degli albergatori il prezzo fu mantenuto anche nei periodi di maggior affluenza. I pellegrinaggi più economici furono sistemati in Istituti e Pensionati ed anche in alloggi di fortuna, alla quota di L. 25 per la pensione completa.

All’inizio d’aprile Don Giovanni Rossi chiamò Antonio Slatri: “Andrai a Roma per assistere i Pellegrini dell’Anno Santo”: Partì subito e vi trovò Giuseppe Bicchierai indaffaratissimo per i lavori della Casa non ancora aperta e con una montagna di richieste di alloggio da evadere.

Lavorò con lui saltuariamente due settimane. Per Pasqua arrivò da Milano con un treno speciale il primo gruppo dell’Anno Santo promosso dall’Associazione Cardinal Ferrari. Non fu possibile accoglierlo tutto nella nuova Casa di via Germanico 146 per i lavori di rifiniture tuttora in corso. Slatri chiese ospitalità al vicino Collegio Leoniano per il gruppo guidato da Supino. Per quel primo pellegrinaggio a Roma il Santo Padre Pio XI celebrò la Santa Messa nella Cappella Paolina e diede a tutti la Santa Comunione.

Seguirono gruppi più o meno numerosi anche da altre Nazioni. Naturalmente il “surplus” veniva sistemato in altri alloggi. La direzione della Casa fu affidata alle giovani paoline. Antonio Slatri oltre alle trattative e sitemazioni, disponeva i trasporti con i tram speciali e correva alla stazione a ricevere i pellegrini, sempre in bicicletta. Le visite guidate alle quattro maggiori basiliche erano fatte in gran parte a piedi, così pure la vista alle Catacombe.

Ma l’attività più impegnativa fu in occasione dei due grandi pellegrinaggi lombardi: 7.800 operai a ferragosto – 6.600 contadini a novembre. L’arrivo dei treni speciali alla vecchia Stazione Termini di Roma aveva inizio di buon mattino per terminare a tarda sera: era necessario distanziarli di un paio d’ore o quasi per dar tempo alle vetture tranviarie di caricare i pellegrini, portarli a destinazione e ritornare in tempo per prendere quelli del treno successivo.

I pellegrini – sole e pioggia non erano di ostacolo – facevano i lunghi percorsi cantando, pregando, preceduti da una grande croce. Era ammirevole la loro resistenza alla fatica. Il pellegrinaggio degli Operai Lombardi, presieduto dal Card. Eugenio Tosi, Arcivescovo di Milano, fu ricevuto in udienza da S. Santità Pio XI nell’ampio cortile di S. Damaso, specialmente addobbato per l’occasione.

I pellegrini per i 5 giorni spesero L. 105 tutto compreso!

Data la grande richiesta si dovettero prendere in affitto i Magazzini Taburret, all’inizio della Via Ostiense, dove furono sistemate camerate da 10/15 lettini, molto utili a pellegrinaggi anche esteri.

Capitò un pellegrinaggio tedesco i cui dirigenti, per calmare i pellegrini sorpresi dal modesto alloggio, pretesero di trovare ogni mattina le loro scarpe lucidate!

Perfetto organizzatore dei grandi pellegrinaggi lombardi era Giuseppe Bicchierai con il valido aiuto di Giovanni Terruggia (fucilato dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale nel Dodecanneso): di quest’ultimo si scherzava dicendo: “specializzato nell’entrata e uscita dalla basiliche”. Una curiosità: Biccherai aveva in un solo mezzo foglio di carta commerciale tutti i dati riguardanti l’organizzazione del pellegrinaggio operaio lombardo: composizione ed orari dei treni speciali, elenco degli alloggi, capienza, telefono, indirizzo; programma dettagliato di ogni giorno, il tutto scritto in caratteri estremamente piccoli, in nero e rosso.

In quel periodo non furono naturalmente trascurate altre mete spirituali in Italia e all’estero.

Ebbe risonanza un pellegrinaggio festivo al Monte Resegone sopra Lecco, con la partecipazione di S. E. il Card. Tosi il quale salì l’alto monte aiutato e sostenuto specialmente da Don Paolo Ratti e da Antonio Magni per le

benedizione alla grande croce, che ancora oggi sfida le intemperie ed è inserita in una croce di legno dell’Orto dei Getsemani, portata in quell’anno da 50 giovani Scouts dell’Opera Cardinal Ferrari di Gerusalemme.

Da ricordare l’unico pellegrinaggio aereo dell’Anno Santo, effettuato con un idrovolante “Savoia Marchetti” da Genova a Roma e ritorno, con 25 pellegrini.

Numerosi pellegrinaggi italiani, francesi, spagnoli, portoghesi, polacchi, lituani, romeni, etc. furono ricevuti a Roma ed assistiti anche in altre città.

La Compagnia di San Paolo pubblicò a Roma per tutto l’Anno Santo il settimanale “Il Pellegrino”, cronistoria dei pellegrinaggi. Così finì l’Anno Santo 1925, ed Antonio Slatri tornò a Milano disoccupato, di modo che Don Giovanni Rossi lo incaricò di organizzare pellegrinaggi ai santuari d’Italia e del mondo dei quali – e non sempre – egli conosceva il nome o poco più!

Nei successivi anni 1926 e 1927 fu celebrato il Centenario della morte di San Francesco e si fecero molti pellegrinaggi ad Assisi e Santuari italiani. Ma Don Rossi non ammetteva che si perdesse tempo, e già nel febbraio 1926 spedì Antonio Slatri in Francia dicendogli: “Va a Lourdes e prepara un bel pellegrinaggio!” Slatri dovette faticare parecchio ad orizzontarsi negli orari francesi, trovare alberghi e servizi lungo strade, mezzi di trasporto a Parigi etc.

Finalmente, nell’aprile 1926 partirono da Milano, in due carrozze riservate, 120 pellegrini. Una intera giornata da Milano a Marsiglia, a Lourdes sostarono tre giorni, indi a Parigi e Lisieux, tornando per il Sempione. La mattina che andarono a Lisieux, Slatri arrivò alla Gare St. Lazare giusto in tempo per vedere il treno partire e i pellegrini che strepitavano perchè i biglietti li aveva lui! Don Rossi poi raccontò su “Il Piccolo” la disavventura di Slatri.

L’idea di invitare gli amici pellegrini ed i soci dell’Associazione Cardinal Ferrari a visitare la terra di Gesù si ricollega al pellegrinaggio presieduto dal Cardinal Ferrari nel 1902 e diretto da Mons. Radini Tedeschi e da Giuseppe Sommariva. Quel viaggio fu di 34 giorni. Si pensi che da Gerusalemme per recarsi al Giordano occorsero 3 giorni, effettuandosi il viaggio su asinelli e dormendo sotto le tende dei beduini. Il prezzo minimo del viaggio fu di 495 franchi oro, tutto compreso.

Al suddetto pellegrinaggio nazionale seguì un lungo periodo di stasi. Solo nel 1925 i Paolini, in collaborazione col Pro Palestina e Lourdes ne effettuarono uno, con la guida del Comm. Della Fiore, Cavaliere del Santo Sepolcro, il quale per quasi un quarto di secolo fu la guida di gran parte dei modesti pellegrinaggi in Terra Santa, sempre con i lenti piroscafi di allora.

Si può considerare una ripresa del movimento per la Terra Santa il pellegrinaggio nazionale Paolino dal 26 gennaio al 4 marzo 1927, al quale parteciparono 72 italiani tra i quali lo scrittore Dino Provenzal e Mons. Faraoni di Firenze. Don Giovanni mandò allo sbaraglio il venticinquenne paolino che era pratico soltanto della navigazione sul lago di Como, e tanto meno conosceva la Palestina.

Si partì da Genova con un vecchio e lento piroscafo che per trent’anni aveva portato emigranti in Sud America, poi messo sulla linea del vicino Oriente. Si chiamava “Carniolia”, ma fu subito ribattezzato dai pellegrini “carriola”.

Le cabine erano di 4 e 6 cuccette senza acqua corrente; ci si lavava in una lunga vasca di zinco posta in uno stretto corridoio. Altro che acqua calda! E si era d’inverno! Il viaggio da Genova a Napoli con mare mosso persuase qualcuno a tornare a casa, ma gli altri proseguirono per cinque giorni, sempre con mare mosso; qualcuno si ricordò del naufragio di San Paolo. Finalmente un mattino furono in vista della Palestina (allora sotto mandato inglese). Dagli scritti dell’epoca: “il Carniola si fermò al largo di Giaffa (non c’era porto a causa degli scogli); una grossa barca condotta da arabi con i caratteristici calzoni turchi venne a prelevarci. Il mare era mosso e il passaggio dalla traballante scaletta alla barca era preoccupante, chi si fermava all’ultimo gradino era preso per le gambe e quasi gettato nella barca… Ma arrivati sulla riva tutti si gettarono in ginocchio a baciare la Terra Santa!”.

Le strade non erano certo quelle odierne, le grosse macchine americane erano guidate da esperti ma spericolati autisti arabi. I pellegrini furono bene accolti nelle francescane “Casa Nova” di Gerusalemme e Nazareth. Non c’erano alberghi decenti, salvo a Gerusalemme, dove ne esisteva uno che tuttavia era troppo caro per dei pellegrini. Un uomo rimase paralizzato sul Monte Carmelo ed un vecchio sacerdote morì cadendo dal piroscafo nel porto del Pireo. Il viaggio durò 28 giorni, ed al ritorno si toccò Beirut, Cipro ed il Pireo vistando

Atene, e si finì a Trieste. La quota era di L. 2.900.

All’inizio del 1927 Don Giovanni Rossi disse: “Non dobbiamo limitarci a Roma, Lourdes e Terra Santa, troviamo nuove mete!”.

Allora Slatri prese il treno per Vienna (dove aveva l’unica conoscenza nell’Europa Orientale), Budapest, Bucarest, indi il battello a Istanbul (passaggio sul ponte); ritornando per Sofia, Belgrado, Zagabria onde organizzare un primo viaggio, senza conoscere i paesi e tanto meno le lingue. Ma a Sofia restò senza soldi ed ebbe in prestito mille lire dal Console italiano.

Con 18 italiani il suddetto programma fu realizzato dal primo al 15 ottobre 1927, ed in quell’occasione incontrarono il Delegato Apostolico a Sofia, Mons. Giuseppe Roncalli (in seguito trasferito a Costantinopoli) che illustrò la situazione religiosa di quei paesi scismatici e le sue speranze ecumeniche.

Fu data all’attività dei pellegrinaggi il nome di “Ente Viaggi Educativi Sociali” (EVES), che ebbe la sua prima sede a Milano, in via Mercalli. Intanto a Parigi, in rue Rouget de l’Ile, tra Place Vendôme e la rue de Rivoli, Supino animò l’EVES parigino che, con l’Ufficio Stampa retto da Sante Maggi, fu inaugurato alla presenza del celebre poeta Paul Claudel. 

In quel primo anno 1927 l’EVES ricevette sei comitive di pellegrini e turisti organizzati da Milano, promosse un pellegrinaggio a Notre Dame de la Bonne Garde, a Longpont (Seine et Oise), e per Pasqua condusse a Roma e Assisi un treno speciale di giovani delle Colonies Fraternelles de la Jeunesse. Fu inoltre fondata a Buenos Aires una EVES argentina.

Così si arrivò all’inizio del 1928, anno in cui la Compagnia di San Paolo acquistò da Giuseppe Sommariva l’Agenzia Chiari Sommariva con sedi a Milano, Roma e Montecatini, oltre all’Agenzia di Madrid, versando in contanti Lire 1.050.000.

Il governo fascista di allora voleva controllare ogni iniziativa privata di una certa importanza, ed il turismo lo era particolarmente per la valuta estera che procurava al Paese. L’ENIT, ente di Stato sorto per attirare turisti stranieri in Italia, cominciò ad organizzare viaggi di italiani all’estero in concorrenza alle agenzie di viaggi, e dopo qualche tempo creò la CIT (Compagnia Italiana Turismo), che prese notevole sviluppo. Il Sommariva si difese, anche con articoli sulla stampa, ma inutilmente. Dato che nessuno dei suoi tre figli intendeva interessarsi dell’azienda paterna, e prevedendo una sempre maggior pressione da parte del governo, cedette l’agenzia, che fu acquistata da “La Cardinal Ferrari”.

La Compagnia di San Paolo nominò presidente il prof. Giuseppe Bicchierai e direttore generale Antonio Slatri, già pratico di pellegrinaggi ma digiuno di turismo. Egli a 26 anni non compiuti si trovò di colpo a dirigere la più importante e antica agenzia di viaggi italiana, che aveva iniziato la sua attività a Milano nell’ultimo trentennio del XIX secolo, per iniziativa di un certo Chiari, a quale in seguito si era unito il Sommariva.

Allora in Italia gran parte del movimento (in verità non imponente) verso Lourdes e la Terra Santa era svolto dal Comitato Pro Palestina e Lourdes, con sede nell’Arcivescovado di Milano, presieduto da Mons. Cavezzali e diretto da Mons. Bernini; vice presidente era Giuseppe Sommariva, il quale provvedeva all’organizzazione tecnica attraverso la sua agenzia.

L’entrata dei Paolini nell’agenzia portò nel 1928 alla collaborazione, con nuovo impulso dell’attività per Lourdes e Terra Santa dell’antico Comitato P.P.L. con l’EVES.

Uscì ad inizio 1928 un nutrito programma PPL/EVES, che prevedeva tra l’altro un grande pellegrinaggio nazionale a Lourdes per agosto. Esso raccolse un gran numero di adesioni: si dovettero organizzare ben 9 treni speciali, oltre 3 gruppi con altre mete con i treni ordinari da Milano, Genova, Torino. Un viaggio di 28 ore senza sosta, su vetture di terza classe (sedili di legno), sistemazione a 8 per scompartimento!

L’arrivo dei treni a Lourdes avvenne tra le 8 e le 9 in una giornata di pioggia insistente, durante un periodo di notevole affluenza di pellegrini, ma la sera dello stesso giorno tutti erano sistemati. Mai si era visto a Lourdes un pellegrinaggio italiano così numeroso.

Al ritorno tre gruppi proseguirono per Lisieux, Parigi, Lione, Ars, Paray le Monial con i treni ordinari. Il Sommariva partecipò come vice presidente del P.P.I. a tutto il pellegrinaggio, senza minimamente interferire nell’organizzazione e direzione. Una settimana dopo lo stesso Sommariva arrivò in agenzia, e senza dire parola entrò in direzione, puntò il dito verso Slatri e disse: “lu el gala stoffa de quel mestè qui” (lei ha la stoffa per questo mestiere).

In seguito, intelligentemente, il Sommariva diradò sempre più le sue viste, per facilitare a Slatri la direzione dell’agenzia, impresa non facile data la sostituzione improvvisa di un anziano fondatore dirigente con un giovane quasi sconosciuto ventiseienne.

A Slatri costò tempo e fatica l’acquistare competenza del movimento turistico e dell’andamento dell’azienda, che aveva personale attivo e capace. Alla direzione della “Sommariva” di Madrid Slatri mise Fernando Rubini, già suo collaboratore ai pellegrinaggi da alcuni anni, il quale tra l’altro organizzò numerosi pellegrinaggi a Roma e in Terra Santa della “Junta Nacional de Peregrinaciones” di Madrid, diretta dal Parroco Don Botella, in seguito fucilato durante la guerra civile spagnola.

Nello stesso anno venne aperta la sede di Napoli, che fu affidata a Luigi Russo Cirillo, già collaboratore a Roma fin dall’Anno Santo 1925; la sede di Genova venne invece affidata al milanese Domenico Cabrini.

Ma alla vigilia del Natale 1928 l’agenzia ricevette una lettera dalla Presidenza del Comitato P.P.L., che disdiceva l’accordo di collaborazione (così ben riuscito) con l’EVES e con l’agenzia stessa.

Di conseguenza, l’anno successivo i Pellegrinaggi Paolini ripresero la loro attività con l’EVES, metre la Chiariva ampliò e perfezionò il movimento dei viaggi turistici e il lavoro propriamente detto dell’agenzia nelle sue sedi, provvedendo nello stesso tempo all’organizzazione tecnica dei pellegrinaggi.