L’ITALIA E LA PREISTORIA
di Fabio Riva
L’Italia, lo sappiamo, è un territorio ricco di storia e di cultura, incrocio di vari popoli e di varie epoche, tra le quali la Preistoria, termine che deriva dal latino pré (prima) e història (storia, indagine) e sta quindi ad indicare quel lunghissimo periodo di tempo che precede la narrazione storica. La storia viene fatta combaciare con l’invenzione della scrittura e la nascita delle prime grandi civiltà nella cosiddetta “Mezzaluna Fertile”.
La fase preistorica, la quale vede lo sviluppo completo dell’uomo (dall’Australopithècus all’Homo Sapiens Sapiens) ci ha lasciato diversi reperti che ci permettono di capire non solo l’evoluzione dell’uomo preistorico, ma anche le sue abitudini.
Fin dalla preistoria infatti, il territorio italiano, fu meta di gruppi umani provenienti dal territorio africano, che si stanziarono inizialmente lungo le coste della penisola.
La presenza dell’uomo di Neanderthal in Italia è dimostrata da ritrovamenti paleoantropologici databili da circa 250.000 – 200.000 anni fa. Sono circa una ventina i siti che hanno restituito testimonianze dei Neanderthal, tra cui la grotta Guattari a San Felice Circeo, la grotta Breuil (sempre nel Circeo), il Buco del piombo (in Provincia di Como), la grotta di Fumane (in Provincia di Verona), la grotta San Bernardino (in Provincia di Vicenza) e la scoperta dell’uomo di Altamura, uno scheletro praticamente completo intrappolato nel calcare della grotta.
La comparsa dell’Homo sapiens risale al Paleolitico superiore, periodo che si estende tra i 40.000 anni ed i 10.000 anni fa. Degli esemplari di Aurignaziano sono stati scoperti nella grotta di Fumane e risalgono a circa 34.000 anni fa. Seguono le culture dette Gravettiana ed Epigravettiana, le cui tracce sono state rinvenute in tutta la penisola e nelle isole maggiori.
Tra le prime forme di rappresentazione che possiamo definire in qualche modo “artistiche”, risalenti al Paleolìtico superiore vi sono le famose statuette della “Venere preistorica”, create come rito propiziatorio legato alla fertilità femminile. Alcuni di questi reperti li possiamo trovare al Museo Nazionale preistorico etnografico Luigi Pigorini a Roma (le statuette sono state ritrovate a Savignano sul Panaro in provincia di Modena tra il 20.000 e il 18.000 a.C.).
Come riti propiziatori nella caccia, l’uomo eseguiva anche i primi dipinti e i primi graffiti, all’interno o nelle immediate vicinanze delle grotte dove abitava. Numerose testimonianze le troviamo in Val Camonica (Lombardia), ai Balzi Rossi (Liguria), a Tivoli (Lazio), a Paglicci e Romanelli (Puglia), sul Monte Pellegrino (Sicilia) e a Lèvanzo (nelle Ègadi). Si tratta principalmente di rappresentazioni di animali da cacciare e più raramente anche di cacciatori, di guerrieri e di stregoni. Per l’uomo primitivo, infatti, disegnare un animale ferito significava cercare di impadronirsene, mediante l’immagine, prima ancora di averlo cacciato nella realtà.
Nel periodo mesolitico l’uomo, scoperti agricoltura e allevamento, inizia ad abitare stabilmente in un determinato territorio preferibilmente pianeggiante e irriguo.
Inizia così ad esserci l’esigenza di costruire dei luoghi dove poter vivere al posto delle caverne utilizzate nel paleolitico. Inizialmente vengono scavate le cosiddette “caverne artificiali”, profonde trincee rivestite di corteccia d’albero, pavimentate in terra battuta e ricoperte alla meglio con frasche, stuoie e pelli di animale.
Successivamente iniziano ad apparire anche le prime capanne costruite interamente fuori terra.
In epoca neolitica iniziano invece a comparire le prime palafitte, strutture rialzate sulle sponde di fiumi e laghi. Le palafitte sono spesso organizzate in villaggi, nelle quali potevano convivere anche molte famiglie, al fine di organizzarsi meglio nelle attività produttive e nella difesa.
In Emilia Romagna, nella zona tra Modena e Piacenza si diffuse la civiltà delle terramare, chiamata così perché la terra che veniva adoperata era grassa in quanto composta da materiali organici quali resti di cibo, carcasse di animali, il tutto mescolato con la terra. A Montale di Castelnuovo Rangone, a pochi chilometri da Modena, si può visitare un museo all’aperto dove è stato ricostruito un villaggio delle terramare dell’età del Bronzo.
Contemporaneamente, si sviluppò anche la civiltà appenninica, così chiamata perchè viveva nell’Appennino centro-meridionale. Questa era una realtà composta prevalentemente da pastori, molto abili nella produzione di oggetti in argilla.
Verso la fine del II millennio a.C. comparve inoltre la civiltà villanoviana, il cui nome deriva dal villaggio Villanova, presso Bologna, dove sono stati ritrovati diversi reperti archeologici relativi alla lavorazione del bronzo e del ferro.
Altra tipologia di strutture, che merita una menzione a parte, è quella dei Nuraghi in Sardegna. Sono costruzioni megalitiche di forma tronco-conica aventi, a seconda delle dimensioni e della disposizione, varie funzioni: difesa, riunione, deposito e forse di abitazione.
Gli enormi massi squadrati che li compongono sono sovrapposti in modo progressivamente aggregante verso l’interno, al fine di formare una sorta di rudimentale cupola.
Uno dei più vasti insediamenti nuragici sardi è “Su Nuraxi” di Barùmini, una sessantina di chilometri a nord di Cagliari.
Al volgere del neolitico si diffonde in alcune parti d’Italia, così come in gran parte dell’Europa, il fenomeno del megalitismo, caratterizzato dalla costruzione di monumenti composti da enormi blocchi di pietra, che si protrarrà in alcuni casi sino all’età del bronzo e oltre (come nel caso dell’Architettura megalitica del Lazio meridionale).
Fra le zone più interessate da questo fenomeno sono da citare la Sardegna, regione italiana con il più alto numero di monumenti megalitici, la Puglia, la Sicilia, il Lazio, la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Liguria.
Le costruzioni caratteristiche erano i dolmen, i menhir e i cromlech. Inoltre, in Sardegna, in provincia di Sassari, si trova l’altare megalitico di Monte d’Accoddi, databile al neolitico finale-prima età del rame.
Durante le ere dei Metalli, si assistette ad un susseguirsi di migrazioni e scambi tra il Mediterraneo e l’Oriente, dovuti alla necessità di reperire i preziosi metalli per la produzioni di armi ed oggetti. La creazione di nuove tecniche e di nuovi utensili permise gradualmente il passaggio da piccoli villaggi a vere e proprie civiltà.
Sardegna, Sicilia e Toscana, per la loro posizione geografica e per la presenza di importanti giacimenti metalliferi, furono le regioni che per prime ospitarono popolazioni specializzate nella lavorazione dei metalli.
Il ritrovamento forse più famoso del periodo è quello della mummia del Similaun, un reperto molto importante scoperto nel 1991 sulle Alpi Venoste (ghiacciaio di Similaun, 3.200 m s.l.m.) al confine fra Italia e la valle Ötztal (in provincia di Bolzano). La datazione al radiocarbonio gli attribuisce un’età di circa 5.000 anni.
Sicuramente in Italia troviamo diverse tracce dell’uomo preistorico, ma il passaggio alle grandi civiltà come ad esempio gli Etruschi e i Romani segnano un altro grande capitolo, che ci ha lasciato reperti molto più “importanti” e tangibili, che fino ai giorni nostri ci permettono di immergerci nella vita di allora.