Articolo Turismo solidale

La pandemia che spezza la catena del turismo solidale

di Fabio Rocchi

Quante analisi e dati abbiamo sentito sui danni della pandemia? Sanitari, economici, sociali, scolastici e via dicendo all’infinito. Non è quindi anacronistico soffermarsi su un dettaglio sfuggito a molti: due settori apparentemente diversi tra loro, che invece sono ampiamente collegati l’un l’altro, tanto che l’uno vale la sopravvivenza dell’altro.

La Chiesa cattolica è rappresentata in Italia, oltre che da diocesi e parrocchie, da più di quattrocento Ordini religiosi, molti dei quali operano nella solidarietà caritatevole, sociale e assistenziale. Qualche esempio? Le mense per i poveri, gli alloggi per i senzatetto, l’assistenza ai disagiati, le missioni nel Terzo Mondo.

E che c’entra -direte voi- col turismo? C’entra, c’entra eccome.

Gli stessi Ordini religiosi dispongono sul territorio nazionale di qualche migliaio di strutture dedicate all’ospitalità di tipo turistico e spirituale, che sono linfa vitale per acquisire risorse da destinare proprio all’assistenza degli Ultimi. 

Eccoci così arrivati a quella connessione diretta che nel mondo del turismo ancora non sembra permeata. Gli istituti religiosi che gestiscono e offrono ospitalità a pagamento, non sono una concorrenza sleale agli alberghi o una fonte di arricchimento per qualche alto prelato. Sono, invece, il silenzioso lavoro di tante formichine che con l’ospitalità mettono da parte quel che serve agli enti assistenziali. L’ospite, che come turista dorme in queste strutture, è inconsapevole generatore di una catena di solidarietà che finisce per scaldare il cuore (e spesso anche lo stomaco) di chi altrimenti non saprebbe nemmeno come dare un senso alla propria esistenza.

Poi è arrivata la pandemia, che ha svuotato le strutture religiose e lasciato tutti attoniti; non già perché è bello accogliere un ospite col sorriso -esperienza importante ma non vitale- ma piuttosto per l’improvvisa interruzione di quella catena che generava valore (e vita) per centinaia di migliaia di famiglie, che proprio su quell’ospite puntavano per veder soddisfatti almeno i bisogni essenziali.

Suona così assai beffardo l’invito di qualche albergatore a riempire di poveri queste particolari strutture turistiche, dando loro da mangiare e dormire. Quindi gli Ordini religiosi, oltre ad aver svuotato le casse ed interrotto la catena della solidarietà, dovrebbero pure farsi carico (economico, ovviamente, ma come?) di tutti quelli per i quali noi voltiamo frettolosamente la testa da un’altra parte. Neanche lassù stampassero banconote.