Kemet, la terra dei Faraoni

Kemet, la terra dei Faraoni

di Antonella Riboni

“Salute a te, o Nilo che sei uscito dalla terra,
che sei venuto per far vivere l’Egitto!
Occulto di natura, oscuro di giorno, lodato dai suoi seguaci;
è lui che irriga i campi, che è creato da Ra per far vivere tutto il bestiame;
che disseta il deserto lontano dall’acqua:
è la sua rugiada che scende dal cielo.
Amato da Gheb, capo dei cereali, che fa prosperare tutti i laboratori di Ptah.
Signore dei pesci, che fa risalire gli uccelli acquatici;
è lui che produce l’orzo e fa nascere il grano
perché siano in festa i templi”

 

In questo inno gli antichi egiziani adoravano il dio Nilo e celebravano la ricchezza della loro Terra fin dalla nascita di questa millenaria civiltà.
Una terra così ricca di straordinari tesori, che ogni anno è visitata da migliaia di turisti da ogni parte del mondo.
Il grande interesse verso l’Egitto e i suoi monumenti è il risultato del fascino che questo Paese ha esercitato per millenni sull’Occidente e delle sensazionali scoperte archeologiche che ogni giorno svelano incredibili tesori, tanto da comparire nelle notizie web ormai ogni settimana. Del resto si stima che ad oggi solo il 20% del patrimonio archeologico sia già stato portato alla luce.
Il più celebre fra gli antichi visitatori del paese è sicuramente Erodoto, storico greco, che effettuò il suo viaggio a metà del V secolo a.C. e nel II libro delle Storie racconta, come un “moderno” cronista, gli usi, le tradizioni e le leggende degli egiziani oltre a consegnarci l’unica descrizione dettagliata della pratica della mummificazione.
In seguito molti viaggiatori si recarono in Egitto fino al Medioevo, quando i pellegrini, diretti in Terra Santa, andavano alla ricerca dei luoghi legati agli episodi narrati nella Bibbia.
Poi, durante il Rinascimento si riaccende la passione per lo studio dei classici e fra le numerose opere letterarie, portate alla luce, gli Hieroglyphica di Orapollo contribuirono notevolmente a far risvegliare in tutta l’Europa il desiderio di scoprire i misteri della scrittura egiziana e i significati dei grandiosi monumenti lasciati da questa civiltà.
Verso la fine del XVI secolo furono intraprese numerose spedizioni, che avevano come obiettivo principale la raccolta del maggior numero di antichità e di mummie, perché a queste venivano attribuite delle proprietà curative ed erano usate anche come medicinali.
La prima spedizione, che oggi potremmo considerare condotta secondo criteri scientifici, fu guidata dal matematico inglese J.Greaves. Lo studioso, incuriosito dalle strane leggende sulle piramidi, visitò le zone di Giza e di Saqqara e con precisione misurò, disegnò e descrisse i famosi monumenti. Altri contributi importanti per approfondire la conoscenza degli antichi edifici della Valle del Nilo, furono dati dal gesuita C.Sicard, che individuò la città di Tebe, e da F.L.Norden, che allegò al suo racconto di viaggio i disegni autografi dei siti visitati. Tuttavia per molti decenni continuarono a giungere in Egitto collezionisti con il solo scopo di cercare tesori e acquistare oggetti preziosi. Parallelamente all’interesse per l’archeologia egiziana, un altro filone di studi si occupava di decifrare i geroglifici, ma in questa direzione molti tentativi risultarono fallimentari poiché avevano come presupposto la convinzione che si trattasse di una scrittura esclusivamente ideografica e simbolica, determinando interpretazioni del tutto fantasiose.
Nel 1798 la spedizione napoleonica rappresentò la grande svolta che portò alla nascita dell’egittologia come disciplina scientifica. Nella Description de l’Egypte, l’opera monumentale composta da nove volumi di testo e dodici volumi di tavole redatta dagli scienziati al seguito di Napoleone, furono documentati tutti i monumenti che sorgevano lungo le rive del Nilo e i vari ritrovamenti, tra cui la Stele di Rosetta, scoperta nella città portuale di El Rashid (latinizzato in Rosetta), nel delta del Nilo, durante i lavori di riparazione della fortezza ottomana di Fort Julien, il 15 luglio 1799. La stele originale è conservata al British Museum di Londra, dove fu portata come bottino di guerra dopo la sconfitta dell’esercito napoleonico, e il testo riportato in greco ed egiziano è un Decreto dei sacerdoti di Menfi risalente al 196 a.C.
Fra il 1822 e il 1824, grazie al suddetto documento, bilingue, J.F.Champollion riuscì a decifrare i geroglifici. D’ora in poi ci si poteva avvalere di uno straordinario strumento di indagine per comprendere la lingua, restituendo così la voce a migliaia di antichi segni rimasti muti per secoli.
Nel 1858 grazie all’impegno dell’archeologo francese Auguste Mariette fu costituito il Service des Antiquités Egyptiennes, un organo incaricato della tutela e della conservazione del patrimonio archeologico e della raccolta delle documentazioni di scavo. Nello stesso anno iniziarono i lavori al Museo Egizio del Cairo e venne assegnata a A.Mariette la direzione del museo.
Ma la travagliata storia del Museo comincia qualche anno prima, nel 1835 quando, per volontà di Mohammed Ali, si approva un decreto, pubblicato il 15 Agosto dello stesso anno sul Journal Officiel, che proibisce il trasferimento all’estero di materiali archeologici e sottolinea la necessità di trovare una sede in cui ospitare il grande patrimonio, destinato a crescere di anno in anno.
Sulla base di questo decreto, si costituisce una prima raccolta di antichità egiziane in un antico edificio annesso all’Ecole Civile, presso il lago di Ezbekiya, ma ben presto il museo diviene una sorta di magazzino, da cui il viceré può prelevare materiali da offrire come dono per compiacere ospiti di riguardo. Di conseguenza in pochi anni la collezione si riduce drasticamente, tanto da poter essere ospitata in una sola stanza del palazzo del Ministero della Pubblica Istruzione presso la Cittadella di Saladino. Nel 1855 tutti i pezzi, sopravvissuti al primo saccheggio e trasferiti qui, vengono dati in dono da Abbas Pasha all’Arciduca Massimiliano d’Austria, durante una sua visita in Egitto.
Finalmente, nel 1858, come già precisato precedentemente, grazie ad A. Mariette, il museo rinasce nella nuova sede di Bulaq, all’interno di un edificio dismesso appartenuto alla Compagnia Fluviale, ma anche questa sistemazione non è certamente adeguata sia per le piccole dimensioni dei locali sia per la vicinanza al Nilo, tanto che nel 1878 le acque del fiume allagano completamente il museo.
Nel 1891, dieci anni dopo la morte di A. Mariette, le collezioni vengono nuovamente trasferite nella zona di Giza in una delle prestigiose residenze del Khedive Ismail, dove oggi si trovano lo zoo e il giardino botanico del Cairo. Qui rimangono fino al 1902, quando si inaugura la sede attuale nel nuovo palazzo in stile neoclassico, costruito sul progetto dell’architetto francese M. Dourgnon. I lavori di costruzione cominciano il I Aprile del 1897 con una cerimonia ufficiale e durano circa cinque anni. L’edificio, situato in piazza El Tahrir, è costituito da due piani aperti al pubblico e alcune sale riservate ai ricercatori, fra cui un’importante biblioteca altamente specializzata che raccoglie circa quarantaduemila pubblicazioni di argomento egittologico.
Qui si trova la più vasta collezione di reperti egiziani, oltre a pregevoli opere d’epoca successiva.
La vastità del Museo richiede più di una visita, magari alternata con escursioni nelle principali località archeologiche nelle quali furono rinvenuti i preziosi arredi e le statue imponenti.
Al piano terra sono raggruppati i pezzi monumentali e le sale seguono un ordine cronologico, a partire dall’Antico Impero; mentre al piano superiore il Tesoro di Tuthankamon con la famosa maschera d’oro, le statue in legno scuro e oro, i sarcofagi che contenevano la mummia e il trono del Faraone è sicuramente l’area più visitata dell’intera collezione.
A causa dei limitati spazi dove esporre i reperti di nuova acquisizione, si è iniziato a costruire un nuovo edificio sull’altopiano di Giza, che aprirà, molto probabilmente quest’anno. Qui saranno collocati in un grandioso allestimento che copre la superficie di 400.000 mq., circa 100.000 oggetti tra cui i 3000 provenienti dalla tomba di Tuthankamon.
Il Museo è il luogo perfetto per iniziare a comprendere un viaggio nella terra dei Faraoni, poiché, anche se ci si ritrova immersi in una metropoli caotica, sospesa fra modernità e tradizione, mondo arabo e mondo occidentale, nel palazzo di fine Ottocento, si torna indietro di 5000 anni per immergersi in una cultura che con il suo fascino ha posizionato l’Egitto fra le mete di viaggio più desiderate fin dall’antichità.
Prima di visitare il Nuovo Museo del Cairo tuttavia come suggerimento di viaggio a corto raggio il Museo Egizio di Torino ospita la seconda collezione al Mondo per numero di reperti fuori dall’Egitto e sicuramente soprattutto di questi tempi è più facile da raggiungere come prima tappa del Viaggio lungo il Nilo.