il turismo tra viaggio e non viaggio

Il turismo tra “viaggio” e “non viaggio”

di Matteo Prati

Esattamente un anno fa nessuno avrebbe mai pensato che un nemico invisibile come il Covid-19 avrebbe modificato le nostre vite, le nostre attività, il nostro tempo libero e i nostri viaggi. Questi sono sicuramente tra quelle cose che nella percezione delle persone stanno mutando più di ogni altra cosa. Se da un lato alcuni viaggiatori sono impauriti e preoccupati per il futuro dei viaggi (che dovranno essere contrassegnati da sicurezza, pulizia e flessibilità) dall’altro ce ne sono tantissimi che desiderano (e lo hanno dichiarato in molte indagini) recuperare il tempo perso e i viaggi a cui hanno dovuto rinunciare o che hanno dovuto cancellare nel corso del 2020, una conseguenza da “frutto proibito”. La voglia di viaggiare resiste a tutto!!! È un dato che emerge da molte interviste ma potremmo anche dire che è una certezza: l’uomo per sua natura vive con un forte desiderio di esplorare il mondo. Fa parte del nostro DNA, quello di un popolo nomade, abituato a viaggiare. Anche durante questo periodo così particolare abbiamo potuto riscontrare quanto questo desiderio si sia trasformato in forme alternative di turismo; la velocità e l’abilità dei viaggiatori e degli operatori ad adattarsi alla situazione è qualcosa di unico e impressionante. Subito dopo il primo lockdown, quando i confini con alcuni paesi erano ancora chiusi, si sono fatti strada nuovi trend che caratterizzeranno sicuramente ancora le scelte dei viaggiatori e dei viaggi per il prossimo futuro. Il turismo che si è delineato, infatti, è un turismo più “local” che ha caratterizzato la riscoperta di luoghi vicino a casa rinsaldando il rapporto di appartenenza a quella terra e al paese Italia in generale. Gli italiani si sono dimostrati “repeater” tornando in quei posti dove si sono trovati bene proprio per apprezzarne ogni sfumatura. 

Non nascondiamoci dietro alla certezza che il prossimo turismo sarà sicuramente anche più semplice, fatto di esperienze a contatto con la natura o a sostegno delle comunità locali, sarà più sostenibile. Le parole d’ordine saranno: sicurezza, pulizia e flessibilità. Il viaggio è ovviamente ricerca di diversità e viene realizzato per scoprire se stessi e gli altri. L’antropologo Augé ci ricorda che “il mondo esiste ancora nella sua diversità” e che “forse uno dei nostri compiti più urgenti consiste nell’imparare di nuovo a viaggiare, eventualmente nelle nostre immediate vicinanze, per imparare di nuovo a vedere” (Augé 2009). Viaggiare è una pratica per imparare a vedere, è fare esperienza con i sensi e con le percezioni. Vedere con gli occhi vuol dire appropriarsi dello spazio che ci circonda mentre l’esperienza dei luoghi e delle culture diventa retroterra personale e capitale individuale e collettivo. Le esperienze di viaggio e di spostamento possono avvenire nel tempo e nello spazio. Esiste un viaggio fisico caratterizzato dallo spostamento nello spazio, negli ambienti e nei territori ma c’è anche un viaggio digitale costruito attraverso gli strumenti multimediali. Mai come nel 2020 abbiamo assistito ad un incremento dei viaggi digitali. Quando tutti i confini fisici e gli spazi erano chiusi internet e il digitale ci hanno consentito di poter viaggiare, sognare, esplorare il mondo anche nei più reconditi angoli della terra. Abbiamo assistito ad un prolificarsi di proposte di visite virtuali a musei o mostre, live da varie località della terra, video-documentari proiettati sui canali social e non solo, c’è stata una fortissima condivisione di fotografie, post e informazioni turistiche nei mesi scorsi che è sintomatica di un fortissimo desiderio di viaggiare o di tornare a farlo non appena sarà possibile. Ai concetti di luogo e non luogo distinti da Augé in base all’identità, alle relazioni e alla storicità, oggi, dobbiamo anche introdurre il concetto di “non viaggio” che ha caratterizzato molte giornate ed esperienze del 2020. Si distingue dal “viaggio” per il fatto che non vi è uno spostamento fisico. Tutte le esperienze di viaggio virtuali e digitali potremmo classificarle in “non viaggio”, ma come ogni non luogo può divenire un luogo così anche un non viaggio può diventare viaggio. La sensorialità delle esperienze non manca infatti nemmeno nelle forme digitali, avviene attraverso la vista e l’udito. Questi input sensoriali possono trasformare, quantomeno in quel lasso di tempo, qualsiasi viaggiatore virtuale. La tecnologia sta facendo passi da gigante e sicuramente condizionerà anche il settore turistico. Molti viaggiatori, già da tempo, consultano siti internet alla caccia di esperienze e visite virtuali per decidere la meta di un loro futuro viaggio. La ricerca di esperienze virtuali si è accentuata nel periodo del lockdown ed è chiaro che questo influenzerà il futuro del settore turistico. C’è chi sostiene che le persone viaggeranno sempre più virtualmente e meno fisicamente, c’è invece chi sostiene che questi strumenti siano un’opportunità da sfruttare e valorizzare per favorire il passaggio da “non viaggio” a “viaggio”. Io sono convinto che l’uomo continuerà a voler viaggiare fisicamente per vivere esperienze che coinvolgano tutti i suoi sensi, avrà però a disposizione un validissimo strumento per potersi documentare in modo approfondito su una destinazione vivendo in anticipo un’esperienza di quel luogo anche se limitata nel tempo. Gli operatori dovranno quindi saper gestire correttamente questi canali di comunicazione e offrire delle vere esperienze sensoriali che inducano poi il viaggiatore a voler toccare con mano quanto assaporato virtualmente. C’è un futuro per il turismo, dobbiamo solo adattarci e prepararci al cambiamento!!!

Visita il sito di Matteo Prati – www.travelmp.it