il turismo nella costituzione

il turismo nella costituzione

di Mario Zanello

Il Turismo era espressamente menzionato nella nostra Costituzione, prima della riforma del 2001, e lo è ancora oggi nelle leggi costituzionali in favore delle cinque Regioni speciali.

 Nella Costituzione stessa però non compaiono disposizioni che collochino il turismo come fenomeno individuale e sociale. 

Ci chiediamo dunque se la posizione del Turismo possa essere interpretata fra le disposizioni di principio che esprimono valori costituzionali.

 

Turismo e libertà di iniziativa economica (art.41 Cost.)

Prima di essere, anche se non esplicitamente, ricompreso fra le materie rimaste di competenza legislativa regionale (in base all’art.117, riformato, della Costituzione), il Turismo faceva parte delle materie di legislazione concorrente (statale-regionale), catalogato come “turismo ed industria alberghiera”. 

Questa immagine, orientata decisamente all’attività imprenditoriale, conduceva il fenomeno turistico principalmente fra le attività economiche, richiamando così in particolare l’art. 41 Cost. (L’iniziativa economica privata è libera), da affiancare alla cosiddetta Legge antitrust del 1990 e successive modifiche (legge sulla tutela della concorrenza del 2009 ,etc.), applicabile anche  in favore degli operatori del settore (attività ricettive turistiche; agenzie di viaggio e turismo, professioni turistiche, imprese di trasporto, etc.).

Peraltro, non in tutte le leggi costituzionali il turismo è abbinato esclusivamente con l’industria alberghiera. 

In diverse Regioni, il turismo come materia di competenza legislativa primaria regionale è accompagnato anche dalla tutela del paesaggio. 

Può essere pertanto indicato l’art. 9, 2˚ comma, Cost., (La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione) espressivo di un principio costituzionale fondamentale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali: beni che rappresentano le mete turistiche classiche e particolarmente ricercate.

 

Turismo e libertà di circolazione (art.16 Cost.)

Dal punto di vista di chi “fa turismo”, ovvero dei turisti, –  il Turismo è stato classificato – sotto il profilo costituzionale – come manifestazione della libertà di circolazione .L’art. 16 Cost. infatti così recita: Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

 

Turismo e tutela del consumatore (art. 41, 2˚ comma, Cost. e FUE)

In riferimento al rapporto contrattuale con le imprese turistiche, si è posto l’accento sulla protezione del consumatore, che si può ricavare in via generale dall’art. 41, 2˚ comma, Cost. (L’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana) ma che  si manifesta chiaramente nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che all’art.169, comma 2 recita: Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, l’Unione contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi

Il turismo muove quindi più valori costituzionali: la libertà d’impresa, nella prospettiva dell’imprenditore ( e dello sviluppo economico del paese) ; l’interesse pubblico alla conservazione e valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, nella prospettiva delle principali mete turistiche ; la libertà di circolazione e la protezione nel rapporto contrattuale, nella prospettiva del turista.

Ma se dunque stiamo parlando di valori costituzionali garantiti, sorge spontanea, tra le tante ed a titolo di esempio, almeno una domanda: il turista può pretendere di accedere ad un museo o ad un sito archeologico od artistico?

Nel 2015 frequenti manifestazioni di protesta dei dipendenti del MIBACT (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) causarono la chiusura dei siti archeologici più importanti di Roma, suscitando le vivaci reazioni di una moltitudine di turisti che non poté accedere agli stessi. In tale circostanza, il problema del contemperamento tra l’esercizio del diritto di sciopero, tutelato dall’art .40 Cost. (Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano) e la tutela del patrimonio storico artistico della Nazione (art. 9 Cost.) fu oggetto di un intenso dibattito. Ne derivò il d.l. 146 del 2015 (poi convertito nella legge 182 del 2015), che nell’elenco dei servizi pubblici essenziali aggiunse anche quelli concernenti “l’apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura”. Pertanto, anche in questo settore, l’esercizio del diritto allo sciopero  venne subordinato alle procedure previste dalla legge 146 del 1990, sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, tendente a garantire i contrapposti interessi.

Da ciò due conseguenze. La prima, che se l’apertura al pubblico dei musei e dei luoghi della cultura costituisce servizio pubblico essenziale,  si potrebbe ipotizzare un diritto al godimento del patrimonio in essi contenuto; la seconda, ritenere la fruizione del patrimonio culturale della Nazione come espressione di un diritto costituzionale della persona.

Poiché dunque le diverse prospettive attraverso le quali può essere guardato il fenomeno turistico mettono in evidenza interessi diversi, si pone l’esigenza di stabilirne una graduazione.

Al fine di dirimere la questione soccorre la giurisprudenza costituzionale, che riconosce nella tutela dei beni ambientali e culturali un valore fondamentale, costituzionale supremo (art.9 Cost.), rispetto al quale altri valori, che pure sono costituzionalmente stabiliti, devono cedere, come nel caso della libertà di iniziativa economica.

 

Tutela del paesaggio (art. 9 Cost.) vs attività economica (art 41 Cost.)

L’insegnamento dunque che  –  in linea generale – si può trarre dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale è che l’attività economica (art. 41 Cost.) deve piegarsi al valore costituzionale fondamentale della tutela del  paesaggio (art.9 Cost.).

Peraltro, è opportuno ricordare come in un paio delle più recenti pronunce della Corte costituzionale, la primarietà del valore in parola abbia subito un “temperamento”.

E’ il caso della sentenza 140 del 2015 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme statali a tutela del patrimonio dei beni culturali e del paesaggio volte a contenere il fenomeno del commercio ambulante (camion bar, bancarelle) che deturpa le aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico.

Analogamente, la sentenza 104 del 2014 ha giudicato illegittimo l’art.11 della legge della Regione Valle d’Aosta n. 5 del 2013 che nei centri storici vietava l’apertura e il trasferimento di sede di centri commerciali allo scopo di preservarne l’identità.

Si ritorna invece al più generale principio della primarietà degli interessi tutelati dall’art. 9 Cost. rispetto a quelli tutelati dall’art.41 Cost., nell’interessante sentenza della Corte cost. n. 96 del 2012 che giudica infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti di una legge della Regione Umbria (n.28 del 1997) che, nel disciplinare l’attività economica agroturistica, prevede che possano essere utilizzate per tale attività soltanto le strutture esistenti nell’azienda prima dell’entrata in vigore della legge medesima. La Corte spiega che “la ratio è quella di promuovere l’attività agrituristica, senza tuttavia consentire edificazioni nuove ed estranee allo svolgimento delle attività agricole in senso stretto, allo scopo di garantire il mantenimento della natura peculiare del territorio e preservarlo così dalla proliferazione di fabbricati sorti in vista soltanto dell’esercizio di attività ricettive in immobili non facenti parte, “ab origine”, dell’azienda agricola”.

Pertanto l’attività agrituristica, per quanto possa essere inclusa fra le iniziative imprenditoriali “ideali” nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, deve quindi essa stessa misurarsi con la tutela del paesaggio. 

 

 CONCLUSIONI

Riassumendo e concludendo, per limitare la nostra osservazione alle disposizioni di principio, la legge di riforma del turismo 135 del 2001, poi abrogata dal d.lgs. n. 79 del 2011 (“codice del turismo”) prescriveva la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, dei beni culturali e delle tradizioni locali ai fini di uno sviluppo turistico sostenibile (art.1, 1˚comma,lett. c) ed ora il codice del turismo afferma che la “realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico presente sul territorio italiano” va fatta “nel rispetto dell’art. 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (art. 24. cod. tur. allegato al d. lgs. n. 79 del 2011).

Di recente, la Corte costituzionale ha poi affermato che la vocazione turistica delle leggi regionali (univoca ed esclusiva) deve essere correlata (e subordinata) alle esigenze di tutela dell’ambiente ( sent. 121 del 2018 e 180 del 2019).

In sintesi dunque, secondo i principi costituzionali, ribaditi dalla legislazione ordinaria, l’espansione imprenditoriale del fenomeno turistico va equilibrata alla conservazione dei beni culturali ed ambientali che rappresentano, del resto, le principali mete turistiche. 

E’ altresì malauguratamente vero che la semplice osservazione delle diffuse modalità d’intervento sul territorio italiano ci porta spesso a deprimenti considerazioni: la legislazione ordinaria rivolta alla protezione del paesaggio è debole, l’azione amministrativa è timida, le deroghe sono frequenti. 

Ma questo è un discorso che richiederebbe ben altre analisi e che ci porterebbe, ahinoi, troppo lontano.